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L’incontro con questa etichettasvizzera avviene nel nome di Eichenberger che, senza essere no – minalmente il leader di queste sedute improvvisative, ne è tuttavia la voce ricorrente e probabilmente l’ispiratore. Prima con il pianoforte e poi con le percussioni, i suoi clarinetti presentano un’ora e mezzo di musica veramente insolita, nella quale, superata un’iniziale difficoltà di sintonizzazione, si trovano quelle qualità rare che scaturiscono unicamente dalla concentrazione, dalla volontà ferrea di ascoltarsi e, in fondo, dalla capacità di cercare e trovare motivi solo al di qua di un limite o di un divieto ben prefissato.
Eichenberger e i due compagni mettono subito in chiaro che il territorio nel quale vogliono sostare è quello del suono, declinato e organizzato però non in strutture armoniche né in percorsi melodici e addirittura neppure in note, se non per concrezioni occasionali o per ottenere precisi contrasti. è solo il suono del legno, nudo, colto in una vasta gamma di espressioni concrete o appena sfumate provenienti da ogni cavità dei clarinetti: stagliato contro costellazioni pianistiche dal brillare ora pallido ora intenso nel primo volume, circuito da pulsazioni delicatamente picchiettate e irregolari nel secondo. Abbiamo avuto esempi altissimi di esplorazioni delle potenzialità di uno strumento ad ancia si veda il caso di Braxton con il contralto ma non con questo passo, non con questa ostinazione paziente, che a tratti assume strani caratteri di ineluttabilità, come se una fessura o uno squarcio aperti nel silenzio dovessero essere esorcizzati da un lento rituale. Ed è proprio questa compostezza, questa coscienza del suono cosi profonda, resa con una misura così esatta, a trascendere la dimensione di pura esplorazione strumentale rendendo molti di questi brani preziose miniature musicali, astratte e allo stesso tempo straordinariamente solide. I compagni di Eichenberger, die quali si deve ribadire il ruolo assolutamente paritetico, condividono le stesse esigenze di rigore. Ma, mentre non stupisce il repertorio percussivo di Torre, con il suo raffinato gusto timbrico e la mirabile economia espressiva, si rimane a tratti abbagliati da Lüscher, dalla varietà dei disegni che sa tracciare sulla tastiera con un tocco sempre nitido e leggero, dall’originalità con cui vengono elaborate le influenze di Tristano e del Messiaen del Catalogue d’oiseaux.
G.D.B (Musica Jazz Milano)

Eichenberger’s playing is really one of a kind: his clarinets are so expressive, funny and seriously engaging at the same time you often forget about the straight instrumental colour to follow what’s behind his mind, usually a torrent of melodic delights, „particular“ techniques and strange exquisite gestures bringing the music to very high degrees of intelligence and enjoyability. The duet with pianist Fredi Lüscher is called „Eulen fliegen nicht zum Mond“ and is maybe the most rationally developed set of improvisations between these two. Lüscher sustains and accompanies with percussive touches, watery chords or allucinated scale fragments while Markus seems at his very best when confronting his partner with a rigorous timbrai exploration, while letting flow short thoughts or thrilling sketches sometimes complemented with radical mutations that only a perfect command of the means can achieve. In „Gesänge aus dem Dickicht der Tage“ the Swiss artist is flanked by percussionist Ivano Torre, who prefers caresses more than hits on his set, helping Eichenberger in evoking a totally different kind of spirit, halfway between shamanic rituals and circus themes with a hint of irony here and there; beautifully lyrical investigations meet my ears pleasure all the record throughout, making no need for genre naming or different evaluations: you just have to go with the stream of this excellent music.
Massimo Ricci (Touching Extremes)

Eulen sind räuberische Tiere. Nachttiere. Und wer je nachts im Wald die Geräusche hörte, weiss, dass die Nächte nicht still, sondern akustisch bewegt,manchmal mörderisch laut sind. Die Zwergohreule stösst in endlosen Wiederholungen diese monotonen Pfiffe aus, die Schleiereule faucht oder zischt,während der Steinkauz abwechslungsreich einmal weich, dann wieder lautund schrill ruft. Der Titel „Eulengesänge“ der beiden Neuerscheinungen des Zürcher Klarinettisten Markus Eichenberger hat jedoch nur sehr entfernt mit den Federtieren zu tun. Vielleicht könnte Eichenbergers Art, klug beobachtend das Geschehen zu reflektieren, Assoziationen an die vom Tannenast guckende Eule wecken. Die Sounds, Klänge, Lieder und Improvisationen, die Markus Eichenberger mit seinen Duo−Partnern, dem Pianisten Fredi Lüscher und dem Schlagzeuger Ivano Torre, auf diesen beiden eindrücklichen CDs vorführt, öffnen weite Räume und führen ins Feld der europäischen Improvisation mit ihren Einflüssen aus zeitgenössischer Musik, Jazz und Volksmusik. Im Duo−Spiel exponieren sich die Musiker, da bleibt wenig verborgen. Die 28 Duette schaffen wundersame Stimmungen, zeugen von Vertrautheit. Spannung entsteht in einer oft geradezu zwingenden Folge von Klängen, ohne Powerplay, manchmal ist die Kommunikation linear erzählend, dann bauen sich Klangräume und Flächen auf. Ein aussagestarkes Dokument lockerer und gleichzeitig intensiver Kommunikation, eben „Gesänge aus dem Dickicht der Tage“, wie die CD mit dem Tessiner Schlagzeuger Torre überschrieben ist.
Patrik Landolt (WOZ)